Buongiorno a tutti!
Ieri leggevo degli articoli apparsi nei Gruppi, su Linkedin, che manifestavano compiacimento, per la possibile chiusura di due grandi centrali a combustibili fossili, per merito o colpa, della concorrenza offerta dalle energie alternative, fotovoltaiche prima di tutte.
Approfondivo scoprendo che, una è la Edipower di San Filippo del Mela.
Situata circa 6 km ad est di Milazzo, nel Comune di San Filippo del Mela, in provincia di Messina. Questa centrale, a olio combustibile, è composta da 6 unità di generazione, per una potenza installata lorda complessiva di 1.280 MW.
Inoltre, la centrale è dotata di due impianti fotovoltaici, uno totalmente integrato al tetto del capannone, in silicio monocristallino, da 265 kW, l'altro, situato a terra, a tecnologia CIS (Copper, Indium, Selenium) da 599 kW.
Riportando un po di storia, la centrale è stata fondata nel 1971, quando entrarono in funzione le prime due unità (1 e 2), con potenza di 160 MW ciascuna.
Poi, entrano in azione anche le unità 3 e 4, sempre con potenza di 160 MW cad.
Nel 1975 e 1976, entrano in funzione ancora due unità,
da 320 MW ciascuna.
Nel 2002, sono stati messi a regime gli impianti di abbattimento di SO2 ed NOx, sulle sezioni 5 e 6,
e tra il 2002 ed il 2003 sono stati installati e messi a regime gli impianti di abbattimento delle polveri sulle sezioni 1, 2, 3 e 4.
Alla fine del 2008, Edipower, ultima le opere di bonifica del proprio sito industriale, in accordo con le autorità comunali, provinciali e regionali, al fine di risolvere una situazione d'inquinamento, preesistente all'acquisizione della cantrale, che interessava alcune aree limitate e confinate dell'impianto.
In conseguenza dei problemi ad ottenere l'Autorizzazione integrata Ambientale, e anche dopo l'aggiornamento dei filtri,
la popolazione locale rimaneva preoccupata.
Anche una centrale a carbone a Brindisi della medesima potenza, e della stessa proprietà, è in situazione critica.
La costruzione della centrale, risale al 1964. In un primo tempo aveva due gruppi da 320 MW collegati alla rete elettrica a 220 kV e, successivamente, si è ampliata con due ulteriori gruppi di pari potenza collegati alla rete a 380 kV.
La riconversione a carbone, fu decisa nel 1979, mantenendo però la possibilità di bruciare anche l'olio combustibile denso, a supporto o in alternativa al carbone.
Oggi, i due gruppi in esercizio (il 3 e il 4), viaggiano in regime ambientalizzato, con una conseguente riduzione dell'emissione di polveri: dal 2004, infatti, sono dotati, oltre ai precipitatori elettrostatici, di un impianto di denitrificazione dei fumi (DeNOx).
Nel 2005 avviene il sequestro del vecchio carbonile di proprietà dell'ENEL: in un primo momento Edipower mette fuori servizio la centrale, ma successivamente, grazie all'approvigionamento del carbone, tramite due carbonili, in Slovenia e Montenegro, riprende l'attività.
Infine, dal Dicembre 2008, è entrato in produzione l'impianto fotovoltaico, con tecnologia a film sottile CIS, installato sul tetto della sala macchine.
La centrale era stata fatta momentaneamente spegnere dalla magistratura, perché non a norma, poi riaperta a mezza potenza.
Il gruppo A2A-Edipower, ha presentato ieri a Brindisi il suo piano che punta, quasi tutto, sull'alimentazione della centrale, con un combustibile alternativo al carbone, a basso impatto ambientale (CO2 e solfo dimezzati, ossidi di azoto -70%, polveri -80%), derivato del Cdr (combustibile da rifiuti) e del Css (combustibile solido secondario), ottenuto grazie ad un brevetto internazionale, della controllata Ecodeco.
Di fatto, la centrale di Brindisi, sarebbe così la prima in Italia, a funzionare mescolando questo combustibile al carbone.
Il numero degli occupati diretti rimarrebbe fermo a 90, mentre crescerebbe quello dell'indotto, oggi a quota 140, perchè destinato a due impianti, compreso il nuovo centro che produrrebbe in loco il combustibile.
Secondo il sindaco, Mimmo Consales, sarebbe meglio la dismissione della centrale, e il riutilizzo dell'area a beneficio del porto e dell'area industriale.
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Api chiuderà a Falconara la raffineria per un anno, e per circa 400 lavoratori diretti, si profila la cassa integrazione, mentre per quelli dell’indotto, circa 200, si teme la perdita del lavoro.
Non ci sono certezze che la raffineria riprenda, tutto dipende dall’andamento del mercato durante il periodo di fermata.
Se le centrali a olio devono rimanere disponibili per i "casi di emergenza", vanno messe a norma: ma in questo caso, secondo le aziende, ci vuole certezza che la potenza disponibile venga remunerata. Sono interessati un migliaio di posti di lavoro, oltre che l'indotto che ci gravita attorno per le manutenzioni".
Nell’ultimo anno, in Italia, Tamoil ha chiuso la raffineria di Cremona;
Porto Marghera (Eni) è stata sospesa per sei mesi, dallo scorso novembre e,
Eni ha sospeso per 12 mesi due linee di produzione a Gela.
Anche TotalErg vuole la fermata degli impianti di raffinazione di Roma, a partire dal terzo trimestre di quest’anno.
S.E. & O.
La prima riflessione, deve constatare che, anche le aziende che gestiscono raffinerie e centrali inquinanti, si sono accorte da tempo, della necessità di applicare le energie rinnovabili alle loro produzioni.
Hanno visto più lungo di tutti gli altri sulle nuove tecnologie non inquinanti, ma non hanno previsto la possibilità di una crisi profonda come quella in cui ci troviamo immersi.
La crisi economica, da un lato polverizza le nostre economie e comporta la chiusura di molte attività, con i posti di lavoro annessi; dall'altro, crea una utile pausa, a salvaguardia dell'ambiente ecologico. Le aziende chiudono, si fermano, rallentano le produzioni, e così si inquina molto meno.
Ma, la colpa, è delle energie rinnovabili?
Sono loro le infiltrate, che piano piano, hanno eroso le nicchie che appartenevano alle grandi aziende?
Credo, che il motivo più semplice, è che le cose cambiano. Se non ci aggiorniamo velocemente ed adeguatamente, le novità, possono finire per soffocarci.
La cosa vale allo stesso modo per gli imprenditori, che per i lavoratori: le responsabilità sono le medesime.
Il fotovoltaico è una tecnologia, uno strumento. E' passivo: non attacca, non ferisce, non uccide nessuno. Anzi, porta solamente grandi benefici.
La tecnologia fotovoltaica non è basata su una scienza recente.
L'effetto fotoelettrico è un fenomeno che consiste nell'emissione, da parte di un metallo, di elettroni quando viene illuminato.
Gli elettroni espulsi, sono trattenuti all'interno del metallo, e per farli rilasciare, occorre, investire il metallo con una radiazione elettromagnetica.
Gli elettroni, assorbono energia dalla radiazione per poter sfuggire dalla "maglia" costituita dal metallo stesso. Per liberarsi dal metallo un elettrone deve allora assorbire un fotone.
La frequenza di tale radiazione viene detta frequenza critica, ed è una proprietà di ogni metallo.
L’effetto fotovoltaico, fu osservato per la prima volta nel 1839, dal fisico francese Becquerel, che non riuscì però a spiegare il fenomeno. La prima spiegazione, fu data da Albert Einstein nel 1905, per cui teoria, ricevette il premio Nobel nel 1921.
La scoperta dell'effetto fotoelettrico, indusse Einstein a confermare l'ipotesi che la luce potesse manifestare una natura ondulatoria insieme a una natura corpuscolare.
L’effetto fotovoltaico è la conversione diretta della radiazione o luce solare, in energia elettrica. L’effetto fotovoltaico è una sottocategoria dell’effetto fotoelettrico.
Nelle celle fotovoltaiche, quando un fotone (con un determinato livello di energia), viene assorbito all’interno di un materiale semiconduttore (di cui è composta la cella fotovoltaica, es. silicio), si crea una coppia di cariche elettriche di segno opposto: un elettrone (negativo), e una lacuna (positiva). che possono quindi condurre elettricità.
La differenza di potenziale viene generata dalla presenza di piccole impurità, dette “droganti” nel materiale di cui sono composte le celle.
Il silicio drogato negativo, avrà un elettrone in più (derivante dal fosforo), che potrà spostarsi liberamente (poichè il silicio si lega con 4 legami), mentre il silicio drogato positivo, avrà un elettrone in meno.
Questo elettrone mancante, in fisica viene denominato “buca” o “lacuna”.
Una volta che si hanno quindi due strati di silicio, con drogaggio opposto, per creare un pannello fotovoltaico, sarà sufficiente attaccarli insieme. Una volta accostati, infatti, nella zona di contatto tra i due tipi di silicio, gli elettroni in più, contenuti nel Silicio "negativo", andranno a posizionarsi nelle buche del Silicio "positivo".
Questo genererà un campo elettrico, che farà fermare il processo, poichè si opporrà al moto degli elettroni che cercheranno di andare verso le lacune.
I fotoni utili per la produzione di energia elettrica tramite le celle fotovoltaiche sono quelli che possiedono una determinata quantità di energia, che dipende dal tipo di cella fotovoltaica utilizzata.
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